Mi regali un ovulo? Perchè Paola ha detto no.

Lunedì 07 Marzo 2016

In questi giorni le polemiche infiammano gli animi. Utero in affitto sì, utero in affitto no. Chi parla di libera scelta del singolo, chi di famiglia naturale, chi di sfruttamento del corpo della donna, chi di bambini costruiti a tavolino.

Che si tratti di un gruppo Facebook o di una polemica in Parlamento, il risultato è sempre quello: pareri contrastanti, pensieri urlati, a volte insulti, troppo spesso poco rispetto del pensiero dell’altro. Qualcuno prova a dire che qui non si tratta di una vittoria di un pensiero piuttosto che di un altro, che qui si parla di bambini veri, donne vere, genitori adottivi e biologici veri, ma sono voci che sfuggono nel caos generalizzato.

Allora noi vogliamo parlare di donne vere che si sono trovate con tutte le scarpe in questa situazione, che hanno scelto di donare un ovulo, di portare in grembo il figlio di altri, oppure di dire no, questa cosa non la posso fare.

Perché a volte ci sfugge un particolare: possiamo avere un’opinione su un argomento così delicato, ben precisa, argomentata, razionale, sia pro che contro l’utero in affitto. Ma quando ti trovi di fronte ad una richiesta esplicita può darsi che la tua opinione cambi.

Perchè Paola ha detto no all'ovodonazione

Paola (nome di fantasia) ha detto no e ho voluto farmi spiegare i motivi della sua decisione.

“Non ho mai pensato seriamente a cosa significassero un utero in affitto, un'ovodonazione, un bambino in provetta. Forse perché ho la fortuna di essere madre e, come mi dicono coppie di amici che lottano da anni per diventare genitori, non posso capire.

Mi è sempre sembrato troppo facile dire: è contro natura fare un bimbo in provetta, accanirsi è egoismo,… che ne so io del dolore di una donna che desidera diventare madre e non può? Cosa posso capire di una coppia omosessuale che vuole donare amore ad un bimbo e non gli viene permesso? Non ne so abbastanza per condannare, né per approvare.

Poi gli eventi mi hanno portato a prendere una decisione in merito quando un amico mi ha chiesto di donare un ovulo a lui e al suo compagno. Ecco, lì è scattato qualcosa. Lì mi sono trovata a valutare davvero i pro e contro, pratici, medici ed emotivi. Ho detto di no, che non avrei potuto farlo, che io non ci sarei riuscita. È stato difficile negare un dono che sapevo così importante per loro, loro che sarebbero genitori meravigliosi.

Perché? Perché una donazione di ovuli non è una passeggiata, tanto per cominciare. Un ovulo non è qualcosa che io tengo in una scatola sul comodino. Per donare i miei ovuli avrei dovuto sottopormi a stimolazione ovarica, con rischi per la salute anche sul lungo periodo, oltre che ripercussioni immediate.

Si tratta di trattamenti molto pesanti per il corpo, trattamenti a cui non mi sentivo di sottopormi, soprattutto considerando che una donazione di questo tipo forse, ma non l’ho mai scoperto, avrei dovuto farla all’estero. Quanti giorni sarei dovuta stare fuori casa? Sarei stata bene? E quando avessi dovuto sottopormi all’agoaspirazione degli ovociti sarebbe andato tutto bene? Certo i rischi sono minimi, ma quando hai due bambini molto piccoli a casa, non li affronti mai a cuor leggero.

E dopo la donazione dell'ovulo che succede?

Questo sarebbe bastato. Ma con il passare delle ore, riflettendo sulla richiesta, ho pensato che quell’ovulo, preso dal mio corpo, sarebbe stato fecondato dallo sperma del mio amico o da quello del suo compagno. Quell’embrione, quel bambino, si sarebbe formato nella pancia di un’altra donna, chissà dove, e poi sarebbe tornato qui, insieme ai suoi papà, ma avrebbe avuto anche due mamme e una di quelle due mamme sarei stata io.

Sarebbe stato facile per me, vedere crescere nostro figlio (di fatto, biologicamente) senza mai poter entrare nel merito? Questo è un mio limite perché sono già mamma? Molte donne donano i propri ovuli in tranquillità, portano in grembo e partoriscono bambini che poi avranno altri genitori, per libera scelta, conoscendone i rischi e sapendo che non sarà facile. Sono per questo migliori di me? O sono meno consapevoli di ciò che stanno facendo?

Da tutta la vita sono convinta che la crescita personale passi attraverso le domande che facciamo a noi stessi, più che dalle risposte che ci diamo. E questa richiesta di un dono che non ho saputo fare mi ha posto davanti a molti interrogativi. L’utero in affitto è sbagliato? Donare i propri ovuli è sbagliato? Credo che non sia la procedura standard che la natura ci ha fornito, ma dove inizia l’egoismo e dove finisce l’amore? Fino a dove può spingersi la ricerca per accontentare i nostri desideri? Una risposta non l’ho ancora trovata, ma io ho detto no. Il mio è un caso particolare, forse, ma non lo sono tutti?"

Fecondazione eterologa: il ruolo dei donatori

Se la fecondazione eterologa in Italia è possibile per le coppie eterosessuali, stabili, sposate o conviventi, non è ancora possibile per le coppie omosessuali, che quando ne hanno la possibilità si rivolgono a cliniche all'estero nei paesi in cui questa pratica è consentita. Ma quando se ne parla, oltre a scatenare polemiche, si finisce per parlare quasi sempre dei diritti e del desiderio legittimo dei futuri genitori. Poco si parla in realtà dei donatori e delle donatrici, quasi che il loro ruolo fosse un ruolo di secondo piano.

Genitore è chi ti cresce, non chi ti mette al mondo. Ma è davvero così semplice?


Annalisa Aloisi Annalisa Aloisi su Facebook

Annalisa Aloisi

Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.

Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..