Bambini e archeologia... che scoperta!
Bambini e archeologia sembrano due parole che non riescono a stare insieme neanche in frase. Sembra impossibile conciliare le dure pietre immobili da secoli (quelle che rimangono) con la vivacità innata dei bambini, con la loro esigenza di correre e sfogare fisicamente le 40 ore che sono costretti sul banco scolastico. Da quando si diventa genitori le vacanze e le domeniche sono concepite naturalmente nel formato “bambinochedevecorrere”: parchi divertimento, passeggiate in montagna, pic nic nei boschi, il parchetto condominiale, il cortile sotto casa. Tutto è meglio piuttosto che portarli a guardare suppellettili in un museo. Io stessa ho passato la mia infanzia in musei per me incomprensibili aspettando che mio padre finisse di leggere la guida rossa del Touring Club per ogni teca che contenesse un qualsiasi reperto.
E ho sbuffato ripromettendomi che non avrei mai inflitto a nessuno quella noia mortale.
Il fatto è che i bambini non hanno coordinate temporali, né spaziali. Come possono capire l’Antica Grecia, l’Antica Roma se ancora confondono gli avvenimenti di un mese fa con quelli del giorno prima? Per spiegare ai miei bambini quanto tempo fa è stata la Seconda Guerra mondiale, ho detto loro che è stata quando mia nonna, che hanno conosciuto, era bambina. Mi hanno chiesto se c’erano i dinosauri.
Il secondo fatto è però che noi abitiamo nel Lazio, e per un 1/5 anche in Sicilia, poiché mio marito è siciliano e i miei figli sono nati lì, ma vale per tutte le regioni d’Italia. Camminiamo sulla nostra storia. In Italia non si riesce a fare una metropolitana o un ospedale in tempi decenti: c’è un mondo che si nasconde sotto il nostro. Un mondo che un tempo è stato vivo. E che magari si può raccontare.
Il racconto, le storie degli antichi, le loro avventure, i loro aneddoti hanno un gran fascino sui nostri bambini. A ciò si aggiunge che i bambini non sono stati traumatizzati da file interminabili e attese davanti agli elmi di Giulio Cesare, perciò sono ben disposti ad ascoltare come vivevano in un mondo tanto diverso dal nostro. Ho raccontato loro le avventure di Cesare e Cleopatra, di Sempronia, dei Gracchi. Ho raccontato loro i miti greci, non ne esistono di più belli. Il segreto per affascinarli, e dunque trascinarli, è solo questo: le storie. E’ questo che rende rende gli oggetti vivi, e che fa partire l’immaginazione.
E poi sono arrivate delle occasioni. Nella zone dove abito, ma so per certo che ce ne è qualcuna anche altrove, c’è un’associazione che organizza visite guidate per famiglie in siti archeologici. Anche se ero un po’ scettica all’idea, abbiamo aderito una domenica pomeriggio primaverile che si prospettava noiosa lagnosa e soporifera.
Ai bambini hanno proposto di tirare con l’arco vestiti da antichi romani, li hanno invitati a simulare una legione romana con tanto di scudi.
In un’altra occasione hanno potuto scrivere sulle tavolette di cera, e ancora per la giornata di #famigliealmuseo hanno organizzato una caccia al tesoro nel sito archeologico tra taverne antiche e terme. Sono tornati stanchi e soddisfatti.
Certo che i bambini non colgono e capiscono tutto quello che viene spiegato agli adulti, e non gli interessa poi granché, ma per i genitori sono occasioni per uscire dall’abbrutimento, e per i bimbi un’alternativa valida al parco sotto casa, o alla noia della domenica. In genere poi i parchi archeologici sono pieni di verde, quindi, a meno di distruggere qualche mosaico, gli under 13 non sono costretti a stare fermi e in piedi per tutta la visita. Il duenne, poi, io l’ho immobilizzato nel manduca (un marsupio da mettere sulla schiena che regge fino a 20 kg), con un pacchetto di crackers e l’acqua. Si è addormentato tutte le volte, e risvegliato rimettendolo in macchina.
Perciò, a volte, quello che sembra improponibile, può avere un gran successo: tutto può succedere con i bambini.
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