Bambini rifugiati discriminati a Cagliari: una vergogna

Venerdì 07 Ottobre 2016

Questa volta non posso che schierarmi. Non ci sono scuse, non ci sono motivazioni sensate. La vicenda è semplice quanto inquietante (video Rainews). In una scuola parificata di Cagliari, gestita da suore, due bimbi rifugiati e orfani di origine africana sono stati pesantemente discriminati e costretti ad utilizzare bagni separati dagli altri bambini.

Le motivazioni? Insufficienti e irrispettose

Non solo i genitori (paganti, sottolineiamolo) hanno fatto questa richiesta, prontamente soddisfatta dalle suore, ma una minoranza ha chiesto che i due piccoli non fossero ammessi alla scuola e due famiglie hanno ritirato i propri figli.

Pare che i motivi siano di carattere sanitario. La paura di mamme e papà solerti è quella che i bimbi possano trasmettere malattie ad altri bambini della scuola. Ha senso? Direi proprio di no. Sono bambini rifugiati e probabilmente sono stati controllati ed esaminati dalla testa ai piedi prima di essere ammessi alla scuola.

Il ritorno all’apartheid: ci stiamo involvendo

Quello che più mi stupisce…anzi no…mi fa arrabbiare è che si tratta di un istituto gestito da suore, persone che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero essere in prima linea nell’accoglienza e nella compassione. E forse quando i bimbi sono stati ammessi a scuola, probabilmente pro bono, le buone intenzioni c’erano tutte.

E poi? Poi chi paga si lamenta e allora prontamente si accontenta il pagante, senza prima magari voler chiarire la situazione insieme, rassicurando genitori preoccupati e credo un pelo prevenuti.

E a chi importa se queste creature hanno già passato l’inferno alla loro tenera età? A chi importa cos’hanno vissuto, quanto stanno soffrendo? A nessuno. Perché sembra, da ciò che si legge, ma prendiamolo come un’informazione non verificata, che i due bambini restino spesso isolati anche durante la ricreazione.

Non stento a crederlo, perché lo vedo ogni giorno. I nuovi arrivati, si sa, faticano ad integrarsi in un gruppo classe già formato. Ma se a casa i loro compagni sentono i genitori scagliarsi contro la decisione delle suore, preoccuparsi di malattie pericolose, che possono fare nella loro innocenza?

Capita in ogni scuola, in molte classi. Da noi è successo. E hai voglia discutere con i genitori che predicano ai figli di non parlare con QUEL bambino. È già grave così. È molto più grave quando a sostenere questo comportamento è l’istituzione scolastica. Non ha pari quando l’istituzione scolastica è quella cattolica, che ha nel suo credo l’amore per il prossimo, il rispetto, l’aiuto di chi è in difficoltà.

Chiamiamola con il suo nome: segregazione razziale. L’umanità non impara mai…

Interculturalità a scuola: una necessità e una ricchezza

Nelle scuole dei miei figli i bambini di origine straniera sono tra il 30 e il 50%. Una bella fetta. Le situazioni sono le più diverse. Ma sono anche ciò che rendono ricche e stimolanti queste scuole. Perchè il confronto, anche durante le lezioni, è non solo necessario, ma un'enorme arricchimento culturale.

Proprio ieri Davide mi stava raccontando di come siano dure le scuole pakistane. Ne ha parlato con il suo amico a ricreazione. Nella classe di Mattia, che non fa religione e sta facendo un progetto sull'ambiente, si discute di come sia diverso l'atteggiamento verso la sostenibilità nei diversi paesi da cui i ragazzi provengono.

Conoscere l'altro è fondamentale. Non solo perchè arricchisce e ci fa uscire dai nostri schemi mentali, ma perchè l'altro abita accanto a noi. Non è più dall'altra parte del mondo. È il nostro vicino di casa pakistano, il compagno di banco etiope, il collega musulmano con sui andiamo a pranzo ogni giorno, il ragazzino ucraino che gioca con i nostri figli al parco e il commerciante norvegese all'angolo.

Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia e fare finta che siano 'gli altri'. Sono ...noi. Abitudini diverse, religioni diverse, lingue diverse, ma noi. Non ci sono alternative, dobbiamo solo prenderne atto. Ma in questo i nostri figli sono più bravi di noi


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Annalisa Aloisi

Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.

Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..